Un tempo per amare
Un tempo per amare
Le nuvole nere si erano addensate improvvisamente dietro lo sfondo degli alberi e il vento aveva iniziato a soffiare agitando le lenzuola della vicina di casa stese fuori ad asciugare.
I tuoni rimbombavano in lontananza e la luce del giorno si era fatta grigia. Dall’altra parte, uno squarcio di cielo azzurro stava fuggendo veloce rincorso da alcuni uccelli in volo.
Aveva già preparato le candele, perché sapeva che, se il vento avesse iniziato a scuotere le fronde degli alberi e la pioggia avesse iniziato a scrosciare sul tetto, con ogni probabilità sarebbe andata via la corrente.
Da piccola adorava stare al lume di candela. Le sembrava così incredibile e affascinante.
Si perdeva in un mondo di favola. Le ombre si allungavano sui muri delle stanze e quella luce arancione e tremula le faceva apparire magico tutto ciò che intorno a lei era consueto.
Si accucciava tra le braccia di sua madre, osservava gli oggetti cambiare forma e pensava che avrebbe voluto vivere in quel modo per sempre.
Anche quando non ce n’era bisogno, implorava suo padre di spegnere tutte le luci e accendere qualche candela. Lui le diceva che non doveva toccarle, che era pericoloso, e quando il gioco finiva e ci soffiava sopra, lei respirava ad occhi chiusi l’odore di fumo che si dissipava lentamente e che le piaceva tanto.
Aveva desiderato avere dei figli, almeno due. Ci avevano provato a lungo finché, lentamente, avevano perso la speranza e poi anche la gioia di stare insieme. I giorni si erano fatti più lunghi e silenziosi. Il lavoro di lui sempre più importante.
Avevano preso un cane, ma non erano riusciti ad amarlo e così avevano trovato chi se ne prendesse cura.
Quella sera, tornati a casa dopo aver lasciato Dick, si erano accorti di non aver portato anche tutte le sue cose, la cuccia di stoffa, gli ossi di gomma, i guinzagli, la coperta.
Allora avevano messo tutto in una scatola con la promessa di consegnarla nei giorni seguenti. Lui l’aveva messa in garage sopra quella con l’attrezzatura per andare a pescare. Ma la mattina dopo se l’erano già dimenticata.
Finalmente iniziò a piovere. L’odore della terra bagnata le entrò pungente nelle narici. Stava osservando dalla finestra la vicina che rideva e gridava affannandosi per ritirare le lenzuola e anche lei sorrise per quella scena che in qualche modo le apparve buffa.
Poi la pioggia iniziò a cadere tutta insieme, come se le nuvole non fossero state più in grado di trattenerne il peso.
Il rumore del temporale le spense improvvisamente il sorriso sulle labbra e tutto, intorno a lei, si fece più scuro.
Accese una candela e poi si rannicchiò sul divano sotto una coperta. Ascoltò la pioggia battere contro le finestre e per allontanare un po’ il timore, si mise ad osservare la danza di luce ed ombre sulle pareti della sala.
Aspettò che la candela si consumasse, poi chiuse gli occhi, respirò a fondo, e le parve che il temporale stesse già passando.
Milena Martin per Redazione VediamociChiara
© riproduzione riservata
Foto da Pexels
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