25 novembre – Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne
Ha ancora senso celebrare la Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne?
“Dopo il caso Weinstein, niente sarà come prima”, scrive Barbara Stefanelli sul Corriere della Sera. Rompere il silenzio, in modo corale da un continente a un altro, dal cinema ai palazzi istituzionali, è servito a dare a molte donne il coraggio necessario per denunciare. Il vaso di Pandora è stato scoperchiato, svelando da Hollywood a Cinecittà abusi e molestie sessuali, sostenute da un’infrastruttura sociale sessista.
E l’onda della rivolta pacifica continua a sollevarsi…
Veicolata sui social dagli hashtag #quellavolta, #metoo e #balancetonporc, ai quali si è affiancata, con #Ihave, la voce del fronte maschile a supporto della battaglia. È ancora troppo presto per scrivere le conclusioni di quest’ultima campagna di denuncia. Anzi, secondo Marlène Schiappa, ministra per le pari opportunità del governo Macròn, siamo solo all’inizio di una battaglia culturale, “la società adesso è finalmente pronta ad ascoltare la parola delle vittime”. Siamo, forse, alla vigilia di un cambiamento culturale che superi le asimmetrie di genere?
La cronaca recente
L’interrogatorio subito dalle due ragazze americane, vittime di stupro da parte di due carabinieri a Firenze, racconta ancora una storia tanto antica quanto marcia: la vittima diventa autrice del suo destino di vittima. “In fondo se l’è cercata” è l’odioso refrain che aleggia nelle aule dei tribunali, nel passaparola delle piazze reali e virtuali. Il fenomeno della ri-vittimizzazione, che ribalta la responsabilità della violenza dal criminale alla vittima, è ancora una realtà con cui fare i conti. E le infamanti polemiche subite da Asia Argento e seguito alle sue denunce ne sono la triste conferma.
La violenza contro la donna assume proporzioni tali nel mondo, da essere considerato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità un rilevante problema di salute pubblica.
Ecco perché il Ministero della Salute, all’interno del macro obiettivo di “promozione della salute mentale del bambino, adolescente e giovane” del Piano Nazionale di Prevenzione 2014-18, ha indicato la “violenza sessuale, l’abuso e la trascuratezza” tra i fattori di rischio da contrastare.
Il progetto REVAMP
Ed è all’interno di questa cornice che è stato avviato il progetto “REVAMP (REpellere Vulnera Ad Mulierem et Puerum) – Controllo e risposta alla violenza su persone vulnerabili: la donna e il bambino, modelli d’intervento nelle reti ospedaliere e nei servizi socio-sanitari in una prospettiva europea”, i cui risultati sono stati presentati il 14 novembre scorso, a Roma.
L’obiettivo di REVAMP è stato quello di valutare l’efficacia dei protocolli messi in atto da una rete di strutture sanitarie e centri di primo soccorso ed emergenza, per il riconoscimento, l’accoglienza e la presa in carico dei casi di violenza sulla donna o sul bambino. La finalità è quella di armonizzare i protocolli da estendere poi, a tutte le strutture di primo soccorso.
Le evidenze della letteratura indicano, infatti, che i servizi sanitari rafforzati, forniti cioè di adeguati protocolli e risorse di personale, rappresentano uno strumento efficace nel contrasto del fenomeno della violenza sulla donna. Servono quindi, indicatori di triage specifici e opportune procedure di screening clinico, che possano far emergere i casi non dichiarati. Ne è una prova, per esempio, l’esperienza registrata all’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. Dopo l’introduzione di indicatori di triage specifici per la violenza, nelle procedure di screening per l’identificazione delle vittime di abusi, è stato osservato un significativo aumento dei casi rilevati. Ma serve anche una rete di strutture socio sanitarie in grado di prendere in carico le vittime.
Nell’ambito del progetto, sono stati analizzati i flussi di dati provenienti dai Pronto Soccorso partecipanti. Una scelta motivata dal fatto che, se è vero che le donne denunciano di più, la stima dei casi di violenza su donne e bambini condotta soltanto attraverso i registri delle forze dell’ordine, rischia di sottostimare il problema.
I dati riferiti all’Italia dell’Injuri database hanno rivelato che, in più di un caso su tre, le aggressioni sulle donne sono commesse dal partner. In quasi l’85% dei casi la violenza è compiuta da conoscenti e il 37% delle vittime in età fertile, ossia tra i 15 e i 49 anni, è di nazionalità estera. Quanto alla tipologia di aggressione, è terribile rilevare come, per quanto riguarda le bambine di età compresa tra 0 e 14 anni, in più di un caso su sei, l’accesso al pronto soccorso è successivo ad uno stupro. La violenza, infine, ma non per importanza, è la seconda causa di accesso al PS per le donne in età fertile.
Le conseguenze della violenza
Il progetto ha previsto una fase di follow-up delle vittime, da cui è emersa la portata delle patologie mentali che colpiscono le donne come conseguenza della violenza subita. Due su tre, a distanza di tre mesi dalla dimissione ospedaliera dopo una violenza grave, soffrono di gravi disordini post traumatici da stress, depressione, abuso di sostanze e comportamenti auto-lesivi o suicidari, disturbi alimentari e sessuali. La malattia mentale è presente cinque volte di più nella popolazione delle vittime di abusi e stupro rispetto alla popolazione di controllo, quella cioè che non ha subito violenze. Un dato di prevalenza che si registra tra le vittime di grandi disastri e di attacchi terroristici.
Qual è dunque, il senso del celebrare una giornata internazionale contro la violenza sulle donne?
Leggere le storie delle 116 donne uccise nei primi dieci mesi dell’anno, significa dare un volto a ciascuna di quelle storie che si perderebbero, altrimenti, tra le righe della cronaca nera. I sorrisi delle fotografie non lasciano trapelare la paura e il dolore sofferto da ciascuna. Ma gli sguardi sembrano lanciare un monito ad ogni donna e ad ogni uomo.
Se fa male, non è amore. Se colpisce, offende, umilia e manca di rispetto, non è amore.
Denunciare, proteggere se stesse e i propri figli, chiedere aiuto ai centri antiviolenza, è l’unica via per svegliarsi dall’incubo.
Fonti
- 1. B. Stefanelli. Gli uomini, la libertà e il consenso delle donne. Corriere della sera 25/10/2017
- 2. Ministero della Salute. I dati del progetto REVAMP: 14/11/2017.
Dott.ssa Serenella Corvo per Redazione VediamociChiara
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25 novembre – Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne – La violenza contro la donna è considerato dall’OMS un rilevante problema di salute pubblica. Ecco perché il Ministero della Salute, nell’ambito del Piano Nazionale di Prevenzione 2014-18, ha indicato la “violenza sessuale, l’abuso e la trascuratezza” tra i fattori di rischio da contrastare. All’interno di questa cornice, è stato avviato il progetto “REVAMP (REpellere Vulnera Ad Mulierem et Puerum)”, per dare risposte adeguate alle vittime di violenza attraverso protocolli sanitari adeguati, personale opportunamente formato e una rete di presa in carico delle vittime. I risultati del progetto sono stati presentati il 14 novembre scorso, a Roma.
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Ultimo aggiornamento: 25 aprile 2020
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