E Se(x) Fosse la Tiroide? #2 – Trascrizione Evento Online (25 ottobre 2022)

E Se(x) Fosse la Tiroide? #2 – Trascrizione Evento Online (25 Ottobre 2022)

Last Updated: 17 Dicembre 2022By

E Se(x) Fosse la Tiroide? #2 – Trascrizione Evento Online (25 ottobre 2022)

E Se(x) Fosse la Tiroide? #2 – L’intera trascrizione dell’evento dedicato alla relazione tra intimità e tiroide

Ecco come da nostra abitudine la trascrizione integrale dell’intervento del prof. Jannini e le risposte alle vostre domande nella trascrizione integrale dell’evento online, che si è svolto in diretta su Facebook il 25 ottobre 2022.  

Dott.ssa Maria Luisa Barbarulo: Buonasera a tutti e buonasera professore!

Dott. Emmanuele A. Jannini: Buonasera dottoressa, ben ritrovata. Mi trovo a casa perché VediamociChiara e MensLife sono due posti dove mi trovo assolutamente a mio agio.

Dott.ssa Maria Luisa Barbarulo: grazie professore grazie. Care amiche di VediamociChiara e della Salute delle Donne benvenute e benvenuti anche i nostri amici di MensLife. Oggi come sapete e  come vedete siamo nuovamente in diretta con il professor Emmanuele Jannini per parlare del rapporto tra sessualità, funzione riproduttiva e tiroide. Questa è la seconda edizione di questo incontro quindi evidentemente abbiamo dovuto creare una seconda edizione perché le domande che abbiamo ricevuto già alla prima sono state talmente tante che ci è sembrato giusto offrire un’altra possibilità ai nostri utenti di contattarci. Già nell’incontro precedente avevamo visto quanto la tiroide sia coinvolta nella nostra vita di coppia e oggi cercheremo di approfondire altri argomenti che abbiamo visto starvi molto a cuore.

Cominciamo subito perché abbiamo soltanto un’ora di tempo, quindi dobbiamo cercare di essere molto veloci! Prima di tutto volevo chiedervi da dove ci seguite, bene bene bene bene da tutta Italia. Vedo Palermo, Foggia, Padova, Bolzano, Rieti, Torino, Roma, Milano, Salerno, Carrara, Arezzo, Ravenna tutta Italia veramente. Allora cominciamo con la prima domanda.

Domanda di Paolo: il mio medico mi ha prescritto degli ormoni tiroidei, ma non ho ben capito come agiscono e soprattutto poiché sono celiaco, ci può essere qualche problema?

Dott. Emmanuele A. Jannini: allora qui diciamo che sono due domande. Come funzionano gli ormoni tiroidei e come agiscono:  l’ormone tiroideo  è un ormone sostanzialmente essenziale per la vita, è un ormone che ha a che fare con lo sviluppo già dalla vita uterina, e quindi se non è presente in maniera sufficiente lo sviluppo si può arrestare provocando delle condizioni molto gravi, e durante la vita post-natale continua ad avere un ruolo fondamentale per sostanzialmente tutte le funzioni biologiche. Noi lo chiamiamo “pleiotropo” che è una parolaccia di medichese che vuol dire che agisce dappertutto;  che fa un po’ tutto dappertutto. Ecco perché è così importante la salute della tiroide.

Nello specifico della domanda di Paolo, certamente l’assorbimento dell’omonimo tiroideo può essere un elemento critico in condizioni di celiachia, la dieta del celiaco che è la terapia fondamentale nella celiachia,  migliora in maniera assolutamente significativa l’assorbimento degli ormoni tiroidei.

Quindi, se ce ne fosse bisogno, un ulteriore motivo per essere particolarmente attenti alla dieta senza glutine risiede proprio nel migliorare l’assorbimento degli ormoni tiroidei, ovviamente in quei pazienti che sono con celiachia e con un bisogno di assunzione di ormoni tiroidei, ovvero ipotiroidei.

Domanda di Sandra: se assumo gli ormoni tiroidei ci possono essere degli effetti collaterali?

Dott. Emmanuele A. Jannini:  e qui me la debbo cavare con sì e con un no. Perché è un no? perché sicuramente gli ormoni tiroidei, nell’assunzione fatta per colmare un ipotiroidismo possono avere degli effetti collaterali, ma sostanzialmente se la terapia è modulata attentamente dall’endocrinologo, che è lì proprio per trovare il dosaggio giusto, gli effetti collaterali sostanzialmente non dovrebbero esserci. In altre parole, quando si fa una terapia ormonale si imita la funzione della tiroide: una persona che ha una tiroide che funziona bene non ha nessun effetto collaterale. Gli ormoni che vengono assunti nella terapia sostitutiva sono sostanzialmente identici a quelli che la tiroide umana produce, sono sostanzialmente indistinguibili, ecco perché quando la terapia è ben centrata per i fabbisogni di una persona, gli effetti collaterali non ci sono. Attenzione però perché la domanda di Sandra non può essere elusa così facilmente, perché va detto che il fabbisogno di ormone tiroideo può cambiare nel corso della vita può cambiare per tutta una serie di fattori. Ecco perché il rapporto con l’endocrinologo deve essere un rapporto molto stretto, l’endocrinologo deve diventare un amico della salute tiroidea delle persone che soffrono di ipotiroidismo e ipertiroidismo. Il monitoraggio della funzione tiroidea è importante proprio in virtù di quello che dicevo, può cambiare nel corso della vita e il cambiamento obbliga naturalmente a una rimodulazione della posologia e della somministrazione degli ormoni tiroidei; quando si risponde al fabbisogno gli ormoni tiroidei non provocano effetti collaterali.

Quindi, possono provocarli quando sono in eccesso o sono in difetto ma questo lo si corregge facilmente attraverso l’intervento dell’endocrinologo.

Domanda di Manu: con la menopausa è calato molto il desiderio sessuale. Soffro di secchezza vaginale, utilizzo creme locali al bisogno perché non posso fare una terapia ormonale. Cosa posso fare?  

Dott. Emmanuele A. Jannini: adesso allarghiamo un pochino il discorso a dei contesti che non sono esclusivamente tiroidei. Va detto prima di tutto che il sospetto che ci possa essere una cosiddetta comorbidità, cioè due malattie insieme: da una parte la menopausa sintomatica e la secchezza vaginale da atrofia vulvovaginale. La menopausa sintomatica, ovvero che provoca sintomi importanti come appunto la secchezza vaginale e l’atrofia vulvovaginale è una menopausa che è una malattia da questo punto di vista e che va curata.

Il controllo della tiroide io lo farei assolutamente senz’altro quando c’è una sintomatologia che possa in qualche maniera indurre al sospetto che ci possa essere un problema di questo genere, ma il centro del bisogno dei tessuti vaginali consiste fondamentalmente nel bisogno di estrogeni la vagina è un organo completamente estrogeno dipendente e quindi, o in maniera sistemica, o quando quella sistemica non è indicata, o in maniera locale oppure con delle molecole che mimano l’azione degli estrogeni, senza né gli effetti collaterali né i  rischi degli stessi, che sono diciamo un tipo di approccio terapeutico particolarmente moderno dove ci sia un qualche rischio per quello che riguarda appunto i tumori,  questo va diciamo preso in considerazione come una possibile soluzione terapeutica.

È vero che le creme locali sono importanti come dice Manu, è vero anche che non sempre sono completamente risolutive,  adesso ci sono anche degli interventi di ordine fisico penso al laser che magari in associazione con altre terapie può dare dei buoni risultati.

Il punto di partenza è: non accettare la menopausa come una malattia o una condizione inevitabile ma chiedere al proprio ginecologo o al proprio endocrinologo i trattamenti giusti per una menopausa sintomatica. Non tutte le donne che vanno in menopausa hanno sintomi, ma per quelle che li hanno bisogna farli emergere e naturalmente curarli.

Domanda di Piero: l’ipotiroidismo può avere come conseguenza la depressione anche nell’uomo? E in che modo può incidere anche sul desiderio e sulla prestazione sessuale?

Dott. Emmanuele A. Jannini: Allora c’è un grande veramente interessante e molto moderno che è la cosiddetta “medicina del genere”. La medicina di genere è quella medicina che finalmente ha imparato che le malattie e anche i trattamenti delle malattie, cioè le medicine, hanno un’azione diversa e si manifestano in maniera differente a seconda se si sia portatori di cromosoma XY oppure di cromosomi XX, ovvero se si sia rispettivamente maschi o femmine.

Ma come, la depressione che è una tipica malattia di genere che colpisce soprattutto il sesso femminile, può avere qualche cosa ca he fare con l’ipotiroidismo? La risposta è assolutamente sì.  È vero che è più facile essere depressi se si è nel territorio femminile, per tutta una serie di ragioni di natura ormonale e di natura genetica, ma è vero anche che la depressione colpisce anche i maschi anche in modo piuttosto importante. Altrettanto possiamo dire della tiroide che più facilmente è raccontata nel territorio femminile ma che, anche nella sua forma di ipotiroidismo, raggiunge anche il maschio.

Ebbene la depressione è senza ombra di dubbio uno degli effetti più subdoli, perché vengono facilmente scambiati, anche dal medico di famiglia, e qualche volta addirittura dallo psichiatra, come sintomatologia di ordine psichiatrico e di ordine non ormonale, magari legata a delle vicende della vita o da qualche condizione che possa essersi posta come un interferente nel tono dell’umore, ma che in realtà non è altro che la manifestazione di un ipotiroidismo, spesso subclinico cioè spesso non visibilissimo se non all’occhio delle endocrinologo attento che è in grado appunto di riconoscere queste forme, dove la depressione per l’appunto si manifesta in maniera ripeto soprattutto subdola. Mi è capitato più di una volta di sottrarre dei pazienti e delle pazienti al trattamento con antidepressivi, un trattamento che non avrebbe fatto loro bene, semplicemente grazie al ripristino della funzione tiroidea.

Domanda di Valeria: Salve vorrei sapere se la tiroidite di Hashimoto può essere una delle cause della secchezza vaginale e come fare per migliorare la situazione tenendo presente che non posso fare la TOS?

Dott. Emmanuele A. Jannini: Sì assolutamente sì Valeria. Direi che il meccanismo tipico delle tiroiditi è quello di un breve periodo di eccesso di ormoni tiroidei dovuto alla rottura dell’architettura della tiroide, tipico di questa tiroidite autoimmune (tiroidite di Hashimoto) che se non trattata va verso un lento ma inesorabile ipotiroidismo, cioè un calo della funzione della tiroide che necessita di un intervento sostitutivo.

Se è vero che la tiroidite di Hashimoto provoca l’ipotiroidismo ed è vero che l’ipotiroidismo si associa ad una riduzione della capacità di lubrificarsi, anche per un’interferenza su quello che si chiama asse ipotalamo-ipofisi-ovaio, certamente la tiroidite di Hashimoto può interferire in maniera significativa. Ma una tiroidite di Hashimoto ben curata non ha questo genere di effetto, perché se viene curata bene la sintomatologia di riduzione della lubrificazione vaginale, dovuta all’ipotiroidismo, non compare. Può comparire per altre ragioni ma non in caso di una tiroidite ben curata.

Domanda di Marta: non riesco ad avere figli e mi hanno fatto ogni tipo di controllo, ma nessuno mi ha mai fatto controllare la tiroide. Fino a che può punto può essere responsabile la tiroide?

Dott. Emmanuele A. Jannini: non voglio fare nessun commento su chi ha seguito Marta fino adesso, è vero che è una scoperta relativamente recente il fatto che la carenza di ormone tiroideo sia molto legata a infertilità femminile e persino ad una abortività nascosta (la fecondazione avviene ma non vi è un impianto ben strutturato e quindi vi sono degli aborti molto precoci; la donna spesso neanche se ne accorge di essere rimasta incinta, perché appunto l’aborto avviene molto rapidamente).

Quindi il commento che possiamo fare è questo: se non si riesce ad avere dei figli e non si è controllata la tiroide, temo che sarebbe saggio andarsi a cercare qualcun altro che possa intervenire in una maniera diagnosticamente più appropriata per individuare un’eventuale carenza di ormone tiroideo anche di natura subclinica e di intervenire laddove sia necessario.

La patologia tiroidea ha un’espressione clinica che la rende molto palese, per cui quando c’è una forma di ipotiroidismo o di ipertiroidismo particolarmente evidente dal punto di vista clinico bisogna essere ciechi e sordi per non rendersene conto.

Il problema si pone nelle forme subcliniche più subdole. Prima parlavamo di depressione ma l’infertilità è esattamente la stessa cosa. Tutti quei casi in cui non ci sono tanti sintomi e che tra l’altro sono anche in combutta tra loro. Se ci si pensa una donna depressa è anche una donna che farà meno l’amore e avrà quindi meno occasioni di gravidanza, dunque, si entra in un circolo vizioso che poi è anche difficile da disgregare.

Proprio l’altro giorno ero al congresso europeo di andrologia e parlavamo proprio di questi aspetti dove la diagnosi di infertilità è essa stessa provocatrice di una riduzione del tono dell’umore importante, per cui abbiamo questo circolo vizioso.

Immaginiamo la coppia infertile con un ipotiroidismo femminile subclinico che si manifesta solo in termini di depressione e di infertilità: la coppia infertile diventa ancora più depressa e siccome è più depressa farà meno sesso. Non è facilissimo districarsi nell’ambito di questo circolo vizioso e ci vuole qualcuno per riconoscerlo e interromperlo.

Domanda di Sonia: da qualche tempo ho cominciato a soffrire di depressione può esserci una relazione con l’ipotiroidismo di cui soffro?

Dott. Emmanuele A. Jannini: È una domanda bella anche questa e tutto sommato anche abbastanza semplice. La risposta è sì se non c’è un trattamento appropriato ed è Ni se il trattamento è invece appropriato.

Mi spiego meglio. Se ho una condizione di depressione sostenuta dalla carenza di ormone tiroideo (cosa tutt’altro che rara anzi molto frequente), questa depressione dovrebbe migliorare con il trattamento sostitutivo. Quindi, se lei sta facendo una terapia appropriata con ormone tiroideo è verosimile che questa componente della depressione possa sensibilmente migliorare.

Attenzione perché per tutto ciò che ha a che fare con la sfera psichica, con la sfera psicologica e con la sfera  psichiatrica,  intervengono degli elementi di mantenimento di complicazione; il sintomo psichiatrico, come quello che riguarda il tono dell’umore,  è un sintomo che si può anche auto mantenere e auto generare, perché si ha un modo di vedere la realtà intorno attraverso degli occhiali che anche in presenza di una terapia appropriata possono essere difficili da togliere.

Per questo motivo io credo molto nelle terapie integrate:  vale a dire, non in un atteggiamento esclusivamente centrato su un sintomo ma al contrario una medicina che sia il più possibile centrata sulla persona.

Mi aspetto che l’endocrinologo sia capace da una parte di dare la terapia corretta ma anche di interpretare il sintomo depressivo e avvalersi della consulenza psichiatrica laddove sia il caso di intervenire su questo se è stato raggiunto l’eutiroidismo ma la depressione permane.

Quindi, bisogna individuare, sia attraverso una terapia delle parole, la cosiddetta “Talking Therapy”, sia attraverso il trattamento farmacologico (laddove necessario), la necessità di intervenire in un paziente in cui la condizione di depressione nonostante il raggiungimento dell’eutiroidismo. La tiroide è assolutamente fondamentale ma qualche volta anche sostituendo l’ormone tiroideo non necessariamente si raggiungono tutti i target e per questo è necessaria un’integrazione di saperi e competenze per il raggiungimento dello stato di eutiroidismo e di benessere generale della persona.

Domanda di Gemma: La menopausa mi ha regalato due bei problemi: un bell’aumento di peso e tanta stanchezza. Ho sempre sofferto con la tiroide e mi chiedo, dipende dalla menopausa o dalla tiroide?

Dott. Emmanuele A. Jannini: Immagino che il problema di Gemma, anche se non lo specifica, sia stato più di ipotiroidismo che di ipertiroidismo visto che fa riferimento all’aumento di peso.

Diciamo che gli ormoni tiroidei sono sicuramente fondamentali per il metabolismo ma quando danno un effetto metabolico è perché sono in condizioni di grave carenza o di grave eccesso. Per essere molto semplici: si ingrassa quando manca molto l’ormone tiroideo e si dimagrisce quando c’è troppo ormone tiroideo.

In altre parole, il sintomo del peso è un sintomo che tendenzialmente si verifica molto avanti nella patologia tiroidea, quando c’è un ipotiroidismo grave si può prendere peso mentre quando c’è un ipertiroidismo grave si perde peso.

Se questa vecchia storia di tiroide è stata ben curata è più facile pensare che il regalo sia dovuto alla carenza di ormoni sessuali e non necessariamente di ormoni tiroidei, quindi è piuttosto importante che l’endocrinologo valuti insieme al ginecologo la possibilità di un aumento di bisogno di ormone tiroideo in menopausa.

Cioè è vero che in determinate condizioni fabbisogno può aumentare e l’aumento di fabbisogno deve essere riconosciuto e naturalmente curato. Quindi è una buona occasione per fare un controllo della tiroide.

Domanda di Giancarlo: ho notato che la mia resistenza a letto non è più quella di una volta. Dipende dall’età o dalla tiroide? ho 58 anni.

Dott. Emmanuele A. Jannini: Con resistenza si possono indicare due cose: da una parte la capacità di mantenere l’erezione, e quindi la disfunzione erettile, dall’altra, vi è una patologia completamente differente, la eiaculazione precoce.

Se si ha una condizione di ipertiroidismo è più facile non resistere a letto, come dice Giancarlo, perché si riduce il tempo di controllo della eiaculazione, quindi si ha una eiaculazione prematura e precoce, che tra l’altro risponde molto bene al trattamento con farmaci antitiroidei. Ma d’altra parte ipo e ipertiroidismo agiscono anche su un altro parametro che è il parametro della erezione.  È un meccanismo complesso e verosimilmente entra in gioco anche il desiderio, però è certo che avere una patologia tiroidea non ben curata possa rendere per il maschio più difficile: ottenere e/o mantenere l’erezione e controllare l’eiaculazione nel caso dell’ipertiroidismo.

Nel caso di ipotiroidismo si ha un eccesso di controllo, quindi, si ha l’aspetto opposto cioè quello della eiaculazione ritardata (ritardo eiaculatorio).

Quindi, certamente la tiroide ha un ruolo estremamente importante ma anche l’aspetto dell’età lo è; 58 anni non sono tanti, questo è certo, però quella malattia che chiamiamo “annite”, cioè la malattia degli anni, modifica sicuramente la performance sessuale di uomini e di donne; e quindi certamente anche questo è un fattore che può contribuire.

58 anni in uno stato di salute generale sono praticamente zero dal punto di vista del soddisfacimento sessuale, se non ci sono per l’appunto patologie come quelle che abbiamo menzionato. Se invece ci sono patologie la sommatoria della “annite” con, per esempio, la tiroidite o comunque con una patologia della tiroide che poi si manifesta in maniera clinica, può generare un sintomo che si estrinseca e che si manifesta in una maniera più incisiva e più  clinicamente evidente.

Domanda di Gio: c’è una relazione tra la tiroide e i problemi cardiaci?

Dott. Emmanuele A. Jannini:  entrambe le disfunzioni tiroidee hanno una manifestazione di ordine cardiaco. Questa è una delle prime cose che sono state studiate. Tipicamente l’accelerazione di tutti gli organi, ma segnatamente della funzione cardiaca è tipica di un paziente con ipertiroidismo, mentre invece la riduzione dell’attività cardiaca (della frequenza cardiaca) è più tipica dell’ ipotiroidismo.

Colgo l’occasione per dare un’indicazione estremamente grossolana ma non inefficace per il paziente che sta assumendo una terapia per la tiroide: abituarsi a controllare e monitorare (attraverso gli orologi che misurano la frequenza cardiaca) quotidianamente con molta serenità e  tranquillità a letto prima di alzarsi la mattina la funzione cardiaca è un criterio piuttosto efficace per capire se l’ormone tiroideo sta funzionando bene. Capire, dunque, se l’ormone tiroideo assunto è troppo o è troppo poco.

Naturalmente questo controllo non è sensibile come i dosaggi di laboratorio che si fanno in caso di ipotiroidismo o di ipertiroidismo che quindi restano ovviamente necessari; ma aspetta all’endocrinologo, sia prescriverli sia valutare l’impatto clinico.

In una condizione di stabilità della frequenza cardiaca questa è un’indicazione piuttosto efficace del fatto che la terapia per la tiroide sta funzionando bene. Mentre, nel caso in cui si osservino giorno dopo giorno importanti alterazioni della frequenza, queste possono essere una spia, un’indicazione che può essere il caso di tornare dall’endocrinologo.

Quindi la risposta a Gio è certamente sì, c’è una relazione tra la tiroide e i problemi cardiaci.

Domanda di Willy: ho letto qui su MensLife che le donne possono essere più soggette a problematiche tiroidee. Ma è vero che noi siamo meno a rischio e se sì come mai?

Dott. Emmanuele A. Jannini: Ritorniamo un po’ a quello che avevamo detto inizialmente. Esattamente due-tre anni fa il consiglio dei presidenti del corso di laurea della Facoltà di Medicina hanno esortato in tutta Italia noi docenti ad insegnare secondo genere, ovvero ad insegnare che: l’aspirina funziona in maniera diversa da un uomo ad una donna; che l’infarto ha sintomi differenti in un uomo e in una donna; che la depressione può essere diversa; e anche che la patologia tiroidea, soprattutto quella autoimmune, ma non soltanto, è una patologia che più facilmente si manifesta nel femminile.

Anche se lo diciamo chiaramente, sono tutt’altro che rari gli uomini che hanno questo tipo di patologia. Quindi, ovviamente anche per loro ci vuole una particolare attenzione.

Domanda di Ginevra: Ma è vero che la soia a lungo andare può creare problemi di tiroide? Come è possibile visto che in Oriente è molto usata sia come condimento sia come base del pasto?

Dott. Emmanuele A. Jannini: Ginevra si è fatta una domanda e si è data anche una risposta in qualche modo; infatti, mette in evidenza come in territori dove la soia viene utilizzata molto di più che da noi questa non ha un impatto drammatico. Su questo la letteratura scientifica si sta facendo delle domande e sta cercando di dare delle risposte, ma sono molte le domande a cui non vengono date delle risposte totalmente esaustive.

Sì, per esempio gli isoflavoni, che sono tipici della soia, possono portare ad una riduzione della produzione di ormone tiroideo.

Però attenzione perché, in realtà, il dato che forse è più convincente della produzione scientifica attuale, sulla relazione tra la soia e la tiroide, è che in una condizione di carenza di iodio (ricordiamoci che noi in Italia siamo in una regione a grave carenza iodica dove ancora troppo poco viene usato il sale rinforzato con iodio) gli effetti della soia si possono manifestare in maniera più evidente. Quindi è più la carenza di iodio che può mettere a rischio per quello che riguarda la associazione tra soia e ormone tiroideo;

Ma c’è una cosa che va detta che è fondamentale: riguarda soprattutto il paziente preoccupato che sta assumendo ormone tiroideo e che dice “ma io la posso mangiare il tofu? Posso mangiare i prodotti a base di soia?” Sì, basta che vengano mangiati mezz’ora dopo l’assunzione dell’ormone tiroideo, e questa è un ovvietà. L’ormone tiroideo si assorbe nel giro dei 30 minuti che precedono la colazione, si prende a stomaco vuoto proprio per questo, e passati questi 30 minuti sostanzialmente l’effetto (se ci fosse l’effetto di competizione negativa con l’azione dell’ormone tiroideo) scompare nel momento in cui l’ormone tiroideo è completamente assorbito. Quindi, se queste due norme fondamentali vengono rispettate:

(A) salute dello iodio, cioè presenza di iodio nella dieta in maniera corretta,

(B) assunzione di prodotti a base di soia o di soia a distanza dall’assunzione dei farmaci a base di ormone tiroideo,

il pericolo non si corre.

Domanda di Simonetta: Esiste un momento della vita in cui è bene fare dei controlli per la tiroide? Se sì quali sono?

Dott. Emmanuele A. Jannini: Questa è una domanda molto interessante e anche non facilissima di risposta. In realtà non c’è un momento particolare se non verosimilmente il passaggio menopausale oppure la presenza di una sintomatologia che faccia pensare che ci possa essere una patologia tiroidea.

In realtà il controllo della tiroide, forse non tutti lo sanno, è uno dei primi controlli che viene fatto quando si nasce. Ormai in Italia, per fortuna, in tutte le maternità viene fatto uno screening della TSH, cioè dell’ormone che regola la tiroide, nel bambino appena nato perché è appunto importantissimo in quel caso fare una diagnosi precocissima poiché in quel caso è questione quasi di ore intervenire con la terapia sostitutiva dove questa sia necessaria nel caso dell’ipotiroidismo congenito.

Poi saranno i sintomi o i grandi passaggi della vita di una persona; i sintomi di ordine metabolico, di ordine comportamentale, di ordine cardiovascolare, di ordine digestivo che indurranno e suggeriranno un controllo dell’ormone tiroideo che quindi va fatto a qualsiasi età della vita appunto laddove sono presenti i sintomi.

Domanda di Max: Ci sono degli alimenti che ci aiutano a ridurre il rischio di sviluppare problemi della tiroide?

Dott. Emmanuele A. Jannini: ci sono sicuramente degli alimenti che sono estremamente vantaggiosi per l’apporto di iodio che comportano e penso al pesce azzurro, alle vongole, ai gamberi, alle alghe ma anche alle uova e ai mirtilli. Tutti cibi che ci favoriscono nell’assunzione di iodio e che quindi migliorano la funzione tiroidea in un ambiente geograficamente esposto alla carenza iodica quale è il nostro. Generalmente l’uso del sale fortificato con iodio è più che sufficiente a ridurre il rischio, però attenzione perché c’è un’altra faccia della medaglia poiché un forte impatto iodico può essere problematico in alcune forme di ipertiroidismo. Quindi sarà l’endocrinologo a stabilire quale alimento è più adatto a seconda della patologia tiroidea; Quindi non c’è una regola generale se non che sono sicuramente vantaggiosi per la popolazione eutiroidea tutti i prodotti marini e in particolare quelli che ho nominato, purché non ci sia una particolare condizione di predisposizione a manifestazione di ipertiroidismo dove invece è più sensato farne un uso moderato.

Domanda di Laura: Vorrei sapere se le problematiche tiroidee sono ereditarie.

Dott. Emmanuele A. Jannini: si lo sono, non tutte e non sempre; ci sono forme che sono assolutamente sporadiche e ci sono anche delle forme che effettivamente più probabilmente si verificheranno, soprattutto sul versante femminile ma non solo, laddove i genitori e particolarmente la madre è stata affetta da patologia tiroidea è una storia non rara che appunto racconta un aumento di rischio sulla base dell’ereditarietà.

Domanda di Maria Grazia: ci sono controindicazioni per le terapie tiroidee se si è intolleranti al lattosio?

Dott. Emmanuele A. Jannini: Anche questa è una scoperta “abbastanza” italiana, da decine di anni è stato messo in evidenza che l’intolleranza al lattosio può ridurre il rendimento dell’ormone tiroideo. Si pensa che una fetta importante della popolazione italiana abbia una qualche forma di intolleranza al lattosio, questa problematica è stata ormai brillantemente affrontata sostanzialmente eliminando il lattosio dai prodotti a base di ormoni tiroideo.

Laddove c’è invece una diagnosi intolleranza al lattosio l’endocrinologo potrà considerare la possibilità di aumentare la dose proprio per migliorare l’assorbimento dell’ormone tiroideo stesso che come dicevo ormai nei preparati farmaceutici moderni e privo di lattosio.

Domanda di Sabri: i problemi tiroidei possono essere collegati ad altre patologie o esporci a un rischio maggiore? Lo chiedo perché soffro di tiroidite di Hashimoto.

Dott. Emmanuele A. Jannini: Hashimoto è una tipica manifestazione autoimmune e la risposta è sì; sia le patologie autoimmuni più importanti predispongono la tiroidite di Hashimoto, sia la tiroidite di Hashimoto si può collocare come un evento nell’arco di una condizione di autoimmunità particolarmente presente.

Quindi la risposta a Sabri è assolutamente sì. Ancora una volta qui c’è una collaborazione culturale importante tra i vari medici che sono in gioco, quindi, l’endocrinologo, l’immunologo e qualche volta il reumatologo, e che possono lavorare assieme per ridurre l’impatto di questa manifestazione di autoimmunità complessa che si può verificare.

Domanda di Giovanna: Quali sono le analisi che si devono fare per capire se gli spermatozoi pigri sono pigri a causa della tiroide? E dopo quanti mesi di rapporti senza protezioni inefficaci bisogna agire.

Dott. Emmanuele A. Jannini: Per capire se gli spermatozoi sono pigri si fa un esame che si chiama spermiogramma, attenzione che questo esame non va fatto nel laboratorio sotto casa, perché l’esame del liquido seminale è un esame piuttosto complesso.

È importante mettersi nelle mani di centri pubblici dove vengono rispettate delle normative piuttosto severe stabilite dall’ OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) per la determinazione e lo studio del liquido seminale.

Quindi per prima cosa si determina se sono veramente pigri e in secondo luogo bisogna determinare se questa pigrizia è legata a un ipotiroidismo. L’endocrinologo in questo caso farà una diagnosi di carenza di ormone tiroideo e quindi di ipotiroidismo e andrà a verificare se il trattamento con ormone tiroideo è in grado di ripristinare la vitalità di questi spermatozoi (cosa che spesso accade ma non necessariamente accade in tutti i casi perché ci possono essere anche altre cause).

Mentre per quanto riguarda la domanda “quand’è che si parla di infertilità?”, diciamo che la diagnosi di infertilità si pone a 1-2 anni di rapporti completi, frequenti e non protetti; ovviamente in assenza di evidenti problematiche che spesso sono di ordine sessuologico e che spessissimo non vengono ben riconosciute dalla coppia stessa.

La settimana scorsa ho visitato una coppia che riportava il problema dell’infertilità, anche con una particolare tensione perché era una coppia che per motivi anche di ordine religioso aveva un grande bisogno di fertilità. Ebbene questa coppia non si era assolutamente resa conto che la loro infertilità era sostanzialmente generata dal vaginismo di lei, cioè dalla impossibilità di avere un rapporto penetrativo completo. Quindi loro attribuivano a chissà quale complicata patologia un problema di infertilità, hanno anche tirato fuori la tiroide, ma in realtà in quel caso si trattava semplicemente di vaginismo, cioè la signora non era in grado di abbandonarsi alla penetrazione durante il rapporto coniugale e quindi l’infertilità era proprio generata da questa contrazione spastica delle pareti vaginali. In questo caso non vedo nessun particolare ruolo della tiroide.

Ci sono altre fattori che possono agire e quelli sessuali non sempre sono riconosciuti facilmente. Troppe volte mi capita di coppie che vengono per un consulto nel mio studio e mi chiedono di essere aiutati dal punto di vista della fertilità; io naturalmente chiedo quante volte fanno sesso e mi dicono “ma noi veramente mai” “non lo facciamo mai” e io non sono tanto sorpreso di questo ma sono molto sorpreso del fatto che magari sono stati curati per anni da colleghi che non hanno chiesto a loro se facevano l’amore; è una domanda piuttosto banale e direi piuttosto importante se il tema è quello della fertilità.

Domanda di Giulio: Mia moglie non ha più voglia di.. e io pensavo che fosse per via della menopausa, ma sono contento di scoprire che può esserci un altro motivo: può davvero essere colpa della tiroide?

Dott. Emmanuele A. Jannini: allora Giulio noi la abbiamo chiamata “couplepause” ed è la condizione di una menopausa che si complica grazie alla presenza o per colpa della presenza di una patologia magari anche maschile. Quindi dobbiamo interrogarci “va tutto bene?” “non ci sono problemi di nessun genere?” perché se non ci sono problemi dal punto di vista maschile non si tratta di una couplepause ma si tratta di una menopausa complicata da una patologia tiroidea dove, come abbiamo detto più volte nel corso di questa oretta, la possibile comorbidità, cioè l’azione insieme di due fattori ostativi (due ostacoli alla sessualità e alla salute sessuale) quale la carenza degli ormoni sessuali e la carenza/eccesso degli ormoni tiroidei si possono sommare amplificandosi l’uno con l’altro e generando quel silenzio sessuale che è così tipico per la terza età e che è un’espressione patologica che va riconosciuta e curata.

Domanda di Roberto: ho sempre pensato che la resistenza al letto fosse una cosa positiva, ne abbiamo parlato anche prima, In quali casi non è così? E come si capisce se questo è il caso?

Dott. Emmanuele A. Jannini: Roberto mi porta nel mio vero territorio che è quello dell’endocrinologia della sessualità e dei disturbi del comportamento sessuale che è la cosa di cui mi occupo di più.

Questa a cui fa riferimento Roberto gli diamo un nome, si chiama “eiaculazione ritardata” che nella sua forma più eccessiva diventa anaeiaculazione e non è positiva; non è positiva perché in realtà la percezione della partner o del partner può essere estremamente negativa per l’eccesso di controllo che definisce appunto la condizione di eiaculazione ritardata. È sostanzialmente un paziente che non riesce ad abbandonarsi al flusso del piacere esperendo appunto il meccanismo eiaculatorio. Questo si verifica in una forma molto più rara rispetto all’eiaculazione precoce ed è forse questo il motivo per cui ancora non abbiamo delle definizioni numeriche, ovvero non sappiamo dire se dopo 15 minuti è eiaculazione ritardato o dopo 20 minuti o dopo 45 o 60 minuti. Certamente il criterio che usiamo in clinica è quello dello stato di sofferenza della coppia: quando l’incapacità di eiaculare diventa una sofferenza parliamo di eiaculazione ritardata.

Dott.ssa Maria Luisa Barbarulo: Benissimo. Non ci resta che salutare e ringraziare il professore, ci vediamo alla prossima occasione.

Dott. Emmanuele A. Jannini: sono io che vi ringrazio, bellissime domande!

Dott.ssa Maria Luisa Barbarulo: Ciao a tutti arrivederci. Per le domande a cui non siamo riusciti a rispondere troverete a breve su MensLife e su VediamociChiara tutte le risposte. Ciao a tutti.

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Progetto realizzato grazie a un grant educazionale incondizionato di Merck Serono


Redazione VediamociChiara
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Che relazione c’è tra Tiroide e l’intimità? Ecco la trascrizione integrale dell’evento che si è svolto in diretta Facebook il 25 ottobre 2022, con l’intervista al prof. Jannini e le risposte alle vostre domande.

Tempo di lettura: 1 ora e 10 minuti

Ultimo aggiornamento: 18 novembre 2022

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