La consapevolezza
Che succede se una delegazione di ministre del governo svedese, composta da sole donne, va in Iran per essere ricevuta dal Presidente Rohanj con i capelli coperti dall’hijab?
Pochi giorni fa, nel quadro di una politica di buoni rapporti e di dialogo tra i due Paesi, una delegazione di ministre del governo svedese, composta da sole donne, è andata in Iran per essere ricevuta dal Presidente Rohanj.
Le immagini fotografiche dell’avvenimento pubblicate dai giornali mostrano un gruppo di donne vestite dimessamente con i capelli coperti dall’hijab. Esse sfilano con evidente disagio davanti ad un sorridente presidente Rohanj.
Il fatto non è passato inosservato all’opinione pubblica, in quanto quella delegazione era composta dalle stesse ministre che in altra occasione avevano orgogliosamente manifestato i loro principi femministi.
E, come si può immaginare, ciò ha suscitato molte critiche e discussioni.
Ricordo brevemente, in proposito, che la legislazione iraniana nel 1975 impose alle donne l’obbligo di indossare l’hijab. Inoltre affidò alla polizia religiosa il compito di vigilare rigidamente sulla sua osservanza. Solo in tempi più recenti, ha un poco attenuato la severità di questo precetto, tollerando veli meno coprenti e più leggeri.
Comunque, per le donne straniere in visita in Iran è prevista un’esenzione da tale obbligo. In tal caso, coprirsi diventa esclusivamente un atto di cortesia, una forma di rispetto per i costumi religiosi del Paese ospitante.
E’ chiaro che il governo svedese, il quale ha interesse a non creare motivi di frizione urtando suscettibilità, ha deciso di adottare proprio questa linea di condotta. Così ha accettato un compromesso per non essere costretto ad inviare una delegazione composta da soli uomini. Questa infatti non sarebbe stata rappresentativa.
Noi tutti siamo consapevoli che di fronte alle ragioni di Stato, spesso diventa necessario adattarsi a particolari sensibilità della controparte. Sono quindi le questioni che sembrano di dettaglio quelle che prevalentemente vengono scelte come oggetto di compromessi.
Tuttavia, questo cedimento da parte di donne, ministre che, in quella visita rappresentavano il Governo svedese, è apparso un’ offesa al loro ruolo e alla dignità della nostra cultura e civiltà.
Era dunque davvero opportuno che le rappresentanti del governo svedese sfilassero davanti al Presidente Iraniano ingolfate in un abbigliamento mortificante e inusuale, che le metteva a disagio?
Non sarebbe stato più dignitoso, dato il ruolo, se invece si fossero presentate a questo incontro con abiti, certamente consoni all’avvenimento, ma più eleganti e a capo scoperto?
E poi, perché accettare di nascondere la femminilità, quando essa è una bandiera e, quindi, ha cessato di essere una questione di dettaglio?
Dato il contesto, certo non era il caso di intervenirvi in minigonna o con scollature e pettinature provocanti. Ma sappiamo benissimo che proprio indossando abiti discreti nella fattura e nel colore, ma capaci di esaltare stile e dignità, si poteva cogliere l’occasione per mandare un messaggio di forza e di consapevolezza. Cioè di quei valori che ogni donna, qualunque ruolo rivesta, deve trasmettere in ogni circostanza.
Peccato! E’ stata persa un’opportunità.
Inoltre, piegando la testa di fronte ad ottuse fobie misogine, non sono state aiutate le donne oppresse che vivono nei Paesi dai regimi patriarcali; donne che stanno in prima linea e combattono da sole, a loro rischio e pericolo, per il riconoscimento dei più elementari diritti umani.
Del resto anche noi italiani non possiamo dire di non aver mai mostrato debolezze analoghe. Posso ricordare a tale proposito la relativamente recente venuta, sempre del Presidente Iraniano Rohanj a Roma. In quell’occasione, infatti, gli organizzatori dell’accoglienza fecero in modo che, nel corso della prevista visita al museo del Campidoglio, i suoi occhi non venissero offesi dalle nudità troppo audaci di alcune opere d’arte. Così pensarono di isolarle dal contesto museale con antiestetiche e ridicole coperture.
Quanto sarebbe stato più dignitoso se noi avessimo alzato la bandiera della nostra gloriosa cultura la quale non ha paura del bello, dell’arte, del vero, della libera espressione del pensiero e della sua rappresentazione!
In quella circostanza anche noi perdemmo un’importante occasione. Noi non agimmo con la serena solarità di chi è consapevole e fiero di possedere e conservare l’eredità della più grande e avanzata civiltà del mondo. Noi non mostrammo l’orgoglio di essere in grado di farne partecipe tutta l’umanità; o meglio, la consapevolezza di poterne permettere il godimento a tutti coloro che amano il sapere e non vogliono essere ciechi davanti alla verità.
Dott.ssa Silvana Vitali per Redazione VediamociChiara
© riproduzione riservata
(autrice di Da Tanaquil in poi – Rapida carrellata storica sulla donna in occidente)
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Take Home Message
La consapevolezza – Pochi giorni fa una delegazione di ministre del governo svedese è andata in Iran per essere ricevuta dal Presidente Rohanj. Le immagini fotografiche dell’avvenimento mostrano un gruppo di donne coperte dall’hijab. Un “indumento” che la legislazione iraniana nel 1975 ha imposto alle donne. Non sarebbe stato più dignitoso se invece si fossero presentate a questo incontro con abiti, certo consoni ma a capo scoperto?
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Ultimo aggiornamento: 23 febbraio 2020
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